MINIERE DELLA GULA |
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Sono molte le motivazioni che ci spingono ad andare in montagna. Ci sono quelle classiche, tradizionali come l'alpinismo, l'escursionismo, lo sci nelle sue svariate applicazioni della pista, del fondo dello sci-alpinismo. Ma oltre a queste ci sono altre attività egualmente interessanti anche se meno conosciute, come la ricerca di minerali, di fossili e, perché no, la visita di miniere abbandonate. Che interesse può esserci nella visita di una galleria mineraria ? In primo luogo la possibilità di trovare qualche interessante minerale. Poi la curiosità di girare per i suoi meandri e le sue ramificazioni per cercare di capire il lavoro dell'uomo, le tecniche usate, i problemi che si sono presentati e come sono stati risolti. Se vogliamo questa attività è un po' il parente povero della speleologia che ha motivazioni di ben più alto livello. Però ogni tanto una visita ad una miniera ci può scappare come alternativa alle altre e più nobili attività della montagna. Difficoltà tecniche o pericoli veri non ce ne sono. Occorre tuttavia tenere presente alcune cose elementari. In primo luogo non andare da soli. Utilizzare un doppio impianto di illuminazione costituito da un frontale sul casco e una torcia a mano. Utili gli stivali perché è sempre possibile trovare acqua se non addirittura piccoli laghetti. Diffidare di eventuali armature in legno o in ferro che si possono incontrare. Non avventurarsi in gallerie puntellate con grosse travi in legno disposte a trapezio. Il puntellamento è stato fatto a suo tempo per fronteggiare il pericolo di crolli, le travi, da anni in opera, non sono più affidabili. Attenzione ad eventuali pozzi sul pavimento, non avvicinarsi ai bordi. Accertarsi che la roccia della galleria sia sana e compatta senza fessurazioni o altre soluzioni di continuità, nel qual caso è prudente rinunciare alla visita. In Valsesia sono numerose le miniere abbandonate. Alcune hanno gli ingressi franati e non sono più visitabili, ad esempio le miniere di ferro e nichelio presso Fei, frazione di Doccio; le miniere di ferro in regione Prà presso Locarno e in prossimità del Colle del Ranghetto sfruttate nel 1600; le miniere di pirite ramifera aperte agli inizi del 1700 presso l'Alpe Val di Mengo in Val Bagnola. Di queste ultime esiste un pozzo che consente di entrare nelle gallerie, ma la cosa è da esperti speleologi. Per restare sempre nella zona della bassa Valsesia, esistono miniere di nichel accessibili al Castel di Gavala aperte nel 1850, all'alpe Laghetto a meridione del Monte Capio, fra il Becco delle Galline e il Paretone sulla cresta Pizzo - Res. Tutte queste richiedono mediamente 2 ore di cammino per essere raggiunte. Altre miniere più vicine (20 - 30 minuti) sono quelle di pirrotina nichelifera di Isola, frazione di Vocca, oppure di nichel a Valmaggia, però le relative gallerie non sono facilmente identificabili e non sempre sono percorribili. Per contro ci sono miniere accessibili in pochi minuti dalla macchina, con ingressi facilmente riconoscibili e che hanno una storia che merita di essere conosciuta. Si tratta delle miniere della Gula nel Landwasser, la valle di Rimella per intenderci. In questa zona i primi permessi di sfruttamento minerario risalgono al 1903. Successivamente rinnovati, anche da parte di società diverse, si protraggono fino al 1921 quando entrano in scena i veri protagonisti della storia delle miniere della Gula: don Giuseppe Teruggi e il sig. Giovanni Brunetti. Quest'ultimo è un profondo conoscitore di tecnica mineraria e un ottimo capo minatore. Don Giuseppe Teruggi, parroco di Ferrera a partire dal 1897, è a sua volta, cosa insolita per un sacerdote, un esperto di geologia applicata alle miniere. Nel 1920 iniziano i lavori di ricerca di pirrotina nichelifera. Gli indici di affioramento fanno infatti presagire l'esistenza di importanti giacimenti. Vengono scavati oltre 800 metri di gallerie rinvenendo numerosi strati di discreto spessore dei seguenti minerali: ferro, zolfo, nichel e cobalto con un tasso dell'85 - 90 % di materiale utile. Questi primi sondaggi fanno nascere la speranza, confortata anche dal parere di eminenti geologi e minerologi, di poter realizzare nella zona un importante complesso minerario che assorbirebbe tutta la manodopera locale. In quegli anni Ferrera e le sue frazioni sono molto popolose, si parla di 700 abitanti. La mancanza di lavoro nella valle obbliga gli uomini ad espatriare ed a restare lontani dalle famiglie e dalla loro terra anche per periodi prolungati. La grande aspirazione di don Giuseppe Teruggi è di dare un lavoro a tutti i valligiani sfruttando, appunto, le miniere della Gula. Per realizzare questo progetto don Teruggi impegna la propria intera esistenza guadagnandosi l'appellativo di "don Minera". Viene fondata una società mineraria che dà inizio ai lavori di sfruttamento impegnando 40 operai. Vengono costruiti fabbricati di servizio, una teleferica e alcuni tronchi di ferrovia a scartamento ridotto per il trasporto del materiale. Fin dagli inizi il materiale estratto risulta povero e di non facile lavorazione, con i mezzi tecnici del tempo, per ricavare nichel e cobalto. I lavori di estrazione sono notevolmente rallentati, gli operai impiegati si riducono a 4. Questa situazione raggela non poco gli entusiasmi iniziali tanto che nel 1926 cessa ogni attività. Fino al 1932 viene fatta la sola manutenzione degli impianti e alcune ricerche nel corso delle quali gli esperti, che visitano le miniere, affermano la validità del loro sfruttamento. È sempre nel 1932 che appare sulla scena un ingegnere chimico tedesco che sostiene di aver scoperto un procedimento, per il trattamento del minerale, tale da rendere remunerative le miniere. Vengono costruiti nuovi edifici e una lunga gradinata, tuttora esistente, per raggiungere gli imbocchi delle gallerie. Ben presto l'ingegnere tedesco viene smascherato come un truffatore e costretto a rimpatriare. Ma anche dopo queste delusioni e vicissitudini don Teruggi non abbandona l'impresa. L'impegno viene concentrato sulla coltivazione della pirite aurifera. Vengono acquistati impianti tecnici che occupano fino ad 8 operai. Ma anche questa via non sortisce risultati apprezzabili tanto che tutto si ferma nuovamente. Nel 1936 esce di scena Giovanni Brunetti fino a quell'anno inseparabile collaboratore di don Teruggi. Arriviamo ai primi anni della seconda guerra mondiale. Don Minera, che si è indebitato per una cifra considerevole, pressato dai creditori, tenta di vendere la concessione di sfruttamento minerario, affidando l'incarico a vari studi legali di Milano. Alcune imprese importanti, spinte dalle necessità belliche, si interessano delle miniere della Gula, ma tutte si fermano di fronte alla scarsa consistenza dei suoi giacimenti. A guerra finita nel 1946 don Giuseppe Teruggi, ormai settantacinquenne, lascia la parrocchia di Ferrera. Il suo grande sogno di creare un centro minerario in grado di dare lavoro a tutti i suoi valligiani tramonta per sempre. Viene così posta la parola fine alla lunga e travagliata storia delle miniere della Gula. NOTE TECNICHE: accesso in automobile: da Varallo in Valsesia prendere la strada per Fobello fin oltre Ferrera. Al Ponte due Acque la strada si divide, prendere quella di destra per Rimella. Gli ingressi delle miniere si trovano uno sotto all'abitato di Gula, altri sei poco oltre a circa 17 km. da Varallo. tempo per le visite: dipende dal numero delle gallerie che si intende visitare, in via largamente orientativa calcolare mezz'ora per galleria periodo consigliato: praticamente tutto l'anno a condizione che il torrente sia a regime idrico normale e la montagna non coperta da neve. cartografia: Istituto Geografico Centrale N° 10, Alagna - Valsesia - Macugnaga, scala 1:50.000. bibliografia: Valsesia e Monte Rosa di don Luigi Ravelli, volume II pagina 33. Momenti dell'Attività Mineraria e Metallurgica in Valsesia, di Riccardo Cerri e di Marco Tissoni, pagina 60. VIE DI ACCESSO. Fare riferimento alla piantina Miniere della Gula, Accesso e Ubicazione degli Ingressi, tenendo presente che si tratta di uno schizzo cartografico dimostrativo non in scala. Parcheggiata la macchina in uno slargo, sulla destra salendo (17 Km da Varallo), scendere di una decina di metri incontrando, sul lato opposto della strada, una piazzola in cemento. Da questa un sentiero porta nel greto del torrente. In regime idrico normale l'attraversamento a guado del torrente non presenta problemi, a condizione di calzare gli stivali al ginocchio. Meno agevole se si hanno gli scarponi. Raggiungere l'edificio diroccato delle miniere. Immediatamente a monte di questo edificio, dopo aver superato alcuni gradini, si trova l'ingresso N° 1. È parzialmente ostruito da materiale franato dalla montagna, ma egualmente accessibile. A valle del menzionato edificio parte una lunga scalinata. Il superamento è infastidito dalla presenza di rami. Si passa in prossimità della galleria N° 2. Proseguendo si supera un canalone su una passerella accedendo alla N° 3. Per raggiungere gli ingressi 4 e 5 occorre superare un tratto roccioso e pascoloso in esposizione sul canalone. Si sconsiglia di affrontare questi passaggi. La galleria N° 5 è inaccessibile essendo l'ingresso franato. La N° 4 invece è aperta. È più conveniente riprendere la scalinata immediatamente a monte dell'ingresso N° 3. Questo tratto di scalinata è meno agevole del precedente, sempre per la presenza di rami. In pochi minuti di salita si perviene alla miniera N° 6 caratterizzata da due ingressi. Per la visita delle gallerie fare riferimento alle relative piantine che, non essendo in scala, hanno un valore puramente indicativo circa il loro andamento e le loro ramificazioni. Per quanto riguarda la N° 7 occorre scendere con la macchina fino a trovare un parcheggio in prossimità del ponticello pedonale per la frazione Gula. Immediatamente a monte di detta passerella scavalcare la ringhiera della strada. Infissi nel muro di sostegno si trovano alcuni arpioni in ferro che consentono di scendere su un sentiero. Segue un piano inclinato in legno che adduce ad un passaggio su rocce lisce, nel quale occorre prestare la massima attenzione. Scesi nel greto del torrente a valle di un invaso, lo si attraversa senza difficoltà raggiungendo l'ingresso della miniera. La visita di questa galleria è di scarso interesse, salvo per la raccolta di campioni. È lunga una cinquantina di metri, ha il fondo interamente coperto da fango, detriti lignei, contenitori di plastica trasportati dalle piene del torrente.
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